Carissimi compagni di viaggio,
sono estremamente felice di ritornare a voi dopo un lungo periodo d’impegni per presentarvi il mio nuovo lavoro.
Sono andato in questi ultimi tempi alla ricerca di qualcosa che riuscisse ad esprimere, almeno in parte,
il mio bisogno di nuovo e di interiorizzazione, d’amore nel rinunciare alla propria vecchia identità
e rinascere ad una nuova consapevolezza del proprio essere.
Dopo la bellissima esperienza di Ti porto in Africa ho avuto necessità con brani come
Francesco o Io ti vorrei parlare, Tutto l’amore che conta davvero, ecc… di capire ulteriormente la mia natura di uomo
e di cercarla sempre più attentamente laddove tutto è meno evidente, meno chiaro, meno disegnato, meno capito.
Laddove le passioni non stanno né negli oggetti, né nei sensi, ma nell’intervallo tra essi.
Questa necessità mi ha portato ad aprire le braccia sempre più spesso all’abbraccio coraggioso dell’illusione
che le creazioni della mente sono più numerose dei granelli di polvere in un raggio di sole.
Il coinvolgimento emotivo, qui diventa attacco saraceno al tranquillo torpore del quotidiano nel chiedersi
“DI QUANTO STUPORE io possa ancora amarti, pioggia fuggita dal cielo?
Ti avrei cercata se non fossi mai nata, ti avrei trovata nido d’acqua salata ad aspettarmi fiume…"
Tale coinvolgimento diventa dipendenza e poi ricchezza nell’identificazione con l’altro nel brano
“IL DICEMBRE DEGLI ARANCI” dove il “non ti ho detto ti amo, forse per pigrizia o forse per dare spazio a un amore…”
comporta anche il fatto di rallentare al punto di poter vedere i nostri atti e le nostre parole soprattutto nella fase centrale…
“ma l’amore è destino sui nostri incantesimi, tra popoli bisognosi di angeli”…
L’amore in questa canzone è viscerale, epidermico, nascosto tra un battito e un silenzio fino a sfiorare la percezione sensoria
poiché non siamo capaci di riconoscere la natura vuota delle parole e ci fissiamo su di esse come se fossero qualcosa di tangibile.
La metamorfosi avviene in “SEMPRE” dove un suono assolutamente nuovo, mai azzardato prima, mai replicato,
in cui il ricordo e la carnalità di quell’amore… non vivrò, sulle labbra ti sentirò, sai di rame e di cotone e già mi manchi dentro ai fianchi…
si destreggia tra strofe mai uguali ed una zona centrale ipnotica e accattivante,
per poi concludersi in un finale trionfante sul concetto che la felicità si costruisce, anche attraverso il ricordo,
come maturazione interiore, come lungo e paziente lavoro, fatto giorno dopo giorno
“la dimensione che più mi appartiene configura già con i tuoi sensi ancora qui da fare”.
A lungo termine quindi, felicità ed infelicità sono un modo di essere o un’arte del vivere.
Cimentarsi in un 6/8 “TI AMO COSI’” è sempre impegnativo poiché si può facilmente cadere nel popolare estremo.
Ma da buon testardo quale io sono, ho accettato la sfida con questo tempo che, però, quando sente il peso giusto della melodia,
possibilmente mai scadente, ma anzi, legata a canoni di sicuro prestigio, può creare grandi magie,
atmosfere solide ed eccitanti dal punto di vista del canto e dal suono delle chitarre.
Grande divertimento personale nell’uso di una vocalità sempre pronta, fortunatamente,
a volare per poi planare sugli spazi immensi delle coscienze e sull’infinito valore delle cose.
Ma a volte non è così facile dare un valore alle cose, come si fa a spiegare ad un bambino il significato della guerra?
Del male assoluto, l’odio dell’uomo contro l’uomo? Come si fa a far capire ad un bambino che esiste la discriminazione razziale?
In “SOLO D’AMORE” cerco di far capire ai miei figli che il concetto di persona è valido e sano solo quando lo si considera come un aspetto particolare dell’interdipendenza globale. Ma non è facile per un bambino, allora è forse meglio far finta che le guerre non esistano e che le pallottole siano solo fragole e che i piccoli che cadono sotto le granate stanno solo giocando al girotondo. Ma nonostante tutto, solo quando le espressioni umane vengono a galla riesco a parlare solo d’amore.
“D’AMORE SEI, D’AMORE DAI”.
Eccola! La nuova “Amore per te”, ma più concreta… tu sei tutto quanto mi conviene, quel tuo muoverti confondendomi…
dove la poesia si confonde con se stessa e fa capolino da dietro un pensiero solo quando sa di non essere vista…
“tutto quello che fai prende il vuoto che è in me… d’amore sei, d’amore dai quando poi ti penso…”
l’amore nella sua espressione più positiva, l’idealizzazione della donna a modello assoluto di vita.
Oltre a “D’amore sei, d’amore dai” altri singoli per i prossimi mesi potrebbero essere
“PICCOLISSIMA” e “MIO FIORE MIO”.
Due brani di presa immediata e di bellissimo portamento, con soluzioni di arrangiamento veramente molto efficaci,
con le chitarre in primissimo piano.
Questi due brani sposano perfettamente le mie ultime produzioni e quindi il mondo musicale in cui mi trovo più a mio agio.
“Mio fiore mio” è un amore che manca e zittisce il cielo, proprio come una canzone ferita.
In questo amore l’abbandono crea le proprie solitudini che non sono terra di libertà, ma perdita di una tanto amata prigionia.
La poetica sale nella notte, sconfigge il cuore, nell’amarezza di un ricordo confinato nella forza di una progettata idea di silenzio.
In "Piccolissima" lo stare in bilico tra realtà e sogno mi riporta all’unicità dell’amore vero.
Il fascino nasce dalla delicatezza del testo in contrasto netto con la ruvidità della musica, regalando al brano uno dei sapori più intensi dell’album.
Il riff di apertura è una firma che accompagna tutto il pezzo, creando un clima di musica quasi acida che si libera attraverso quel… “sei l’unica per me”.
Partire dal destino per raccontare la coppia immersa nella voragine del tempo,
tempo che tutto cattura e distrugge se si esclude la sensibilità dell’altro.
“COSI’ E’ LA VITA”, universo coppia quindi, per annullare la paura del futuro che ci prende quando siamo soli,
unici Don Chisciotte di noi stessi, in cammino verso i mulini più nascosti del cuore.
“TU NON SAI” è una canzone vigorosa, una sorta di “in the air tonight” di Phil Collins, ma più robusta,
dove la voce e le chitarre gareggiano in perfetta sintonia, liberando qualsiasi introversione…
(questo amor proprio che mi offende e quel difenderti da me… quante più volte ti penso e sei coscienza che torna…)
Qui non si tratta di cambiare alcune cose, ma di non attaccarsi a niente aprendo gli occhi ed il cuore verso gli arcobaleni dell’anima.
Ho sempre visto in “I TE VURRIA VASA’” il grande cuore partenopeo, il saper vivere i sogni come metodo verso la soluzione di problematiche esistenziali, la poesia diventare uno scopo e tradursi in romanzo popolare, insomma la più bella canzone napoletana del primo novecento.
In questa cover il grande divertimento è stato quello di rubare tutte le sfumature e il tormento della passione,
la liricità spontanea, la sublimazione del dramma e i colori di un sud ormai scomparso.
Andare con la voce in quei luoghi più nascosti dove ogni nota è un silenzio accompagnato dal mare
ed ogni mare un trionfo toccato dal cielo, fino a sfociare in “MILLE MALE PENSIERI”
in cui il turbamento d’amore riflette ogni slancio del corpo nella gelosia di un vento che
non si smorza mai per quella bocca fatta soltanto di rose e corallo e il cui fiato consola occhi più calmi di ieri.
Pino
sono estremamente felice di ritornare a voi dopo un lungo periodo d’impegni per presentarvi il mio nuovo lavoro.
Sono andato in questi ultimi tempi alla ricerca di qualcosa che riuscisse ad esprimere, almeno in parte,
il mio bisogno di nuovo e di interiorizzazione, d’amore nel rinunciare alla propria vecchia identità
e rinascere ad una nuova consapevolezza del proprio essere.
Dopo la bellissima esperienza di Ti porto in Africa ho avuto necessità con brani come
Francesco o Io ti vorrei parlare, Tutto l’amore che conta davvero, ecc… di capire ulteriormente la mia natura di uomo
e di cercarla sempre più attentamente laddove tutto è meno evidente, meno chiaro, meno disegnato, meno capito.
Laddove le passioni non stanno né negli oggetti, né nei sensi, ma nell’intervallo tra essi.
Questa necessità mi ha portato ad aprire le braccia sempre più spesso all’abbraccio coraggioso dell’illusione
che le creazioni della mente sono più numerose dei granelli di polvere in un raggio di sole.
Il coinvolgimento emotivo, qui diventa attacco saraceno al tranquillo torpore del quotidiano nel chiedersi
“DI QUANTO STUPORE io possa ancora amarti, pioggia fuggita dal cielo?
Ti avrei cercata se non fossi mai nata, ti avrei trovata nido d’acqua salata ad aspettarmi fiume…"
Tale coinvolgimento diventa dipendenza e poi ricchezza nell’identificazione con l’altro nel brano
“IL DICEMBRE DEGLI ARANCI” dove il “non ti ho detto ti amo, forse per pigrizia o forse per dare spazio a un amore…”
comporta anche il fatto di rallentare al punto di poter vedere i nostri atti e le nostre parole soprattutto nella fase centrale…
“ma l’amore è destino sui nostri incantesimi, tra popoli bisognosi di angeli”…
L’amore in questa canzone è viscerale, epidermico, nascosto tra un battito e un silenzio fino a sfiorare la percezione sensoria
poiché non siamo capaci di riconoscere la natura vuota delle parole e ci fissiamo su di esse come se fossero qualcosa di tangibile.
La metamorfosi avviene in “SEMPRE” dove un suono assolutamente nuovo, mai azzardato prima, mai replicato,
in cui il ricordo e la carnalità di quell’amore… non vivrò, sulle labbra ti sentirò, sai di rame e di cotone e già mi manchi dentro ai fianchi…
si destreggia tra strofe mai uguali ed una zona centrale ipnotica e accattivante,
per poi concludersi in un finale trionfante sul concetto che la felicità si costruisce, anche attraverso il ricordo,
come maturazione interiore, come lungo e paziente lavoro, fatto giorno dopo giorno
“la dimensione che più mi appartiene configura già con i tuoi sensi ancora qui da fare”.
A lungo termine quindi, felicità ed infelicità sono un modo di essere o un’arte del vivere.
Cimentarsi in un 6/8 “TI AMO COSI’” è sempre impegnativo poiché si può facilmente cadere nel popolare estremo.
Ma da buon testardo quale io sono, ho accettato la sfida con questo tempo che, però, quando sente il peso giusto della melodia,
possibilmente mai scadente, ma anzi, legata a canoni di sicuro prestigio, può creare grandi magie,
atmosfere solide ed eccitanti dal punto di vista del canto e dal suono delle chitarre.
Grande divertimento personale nell’uso di una vocalità sempre pronta, fortunatamente,
a volare per poi planare sugli spazi immensi delle coscienze e sull’infinito valore delle cose.
Ma a volte non è così facile dare un valore alle cose, come si fa a spiegare ad un bambino il significato della guerra?
Del male assoluto, l’odio dell’uomo contro l’uomo? Come si fa a far capire ad un bambino che esiste la discriminazione razziale?
In “SOLO D’AMORE” cerco di far capire ai miei figli che il concetto di persona è valido e sano solo quando lo si considera come un aspetto particolare dell’interdipendenza globale. Ma non è facile per un bambino, allora è forse meglio far finta che le guerre non esistano e che le pallottole siano solo fragole e che i piccoli che cadono sotto le granate stanno solo giocando al girotondo. Ma nonostante tutto, solo quando le espressioni umane vengono a galla riesco a parlare solo d’amore.
“D’AMORE SEI, D’AMORE DAI”.
Eccola! La nuova “Amore per te”, ma più concreta… tu sei tutto quanto mi conviene, quel tuo muoverti confondendomi…
dove la poesia si confonde con se stessa e fa capolino da dietro un pensiero solo quando sa di non essere vista…
“tutto quello che fai prende il vuoto che è in me… d’amore sei, d’amore dai quando poi ti penso…”
l’amore nella sua espressione più positiva, l’idealizzazione della donna a modello assoluto di vita.
Oltre a “D’amore sei, d’amore dai” altri singoli per i prossimi mesi potrebbero essere
“PICCOLISSIMA” e “MIO FIORE MIO”.
Due brani di presa immediata e di bellissimo portamento, con soluzioni di arrangiamento veramente molto efficaci,
con le chitarre in primissimo piano.
Questi due brani sposano perfettamente le mie ultime produzioni e quindi il mondo musicale in cui mi trovo più a mio agio.
“Mio fiore mio” è un amore che manca e zittisce il cielo, proprio come una canzone ferita.
In questo amore l’abbandono crea le proprie solitudini che non sono terra di libertà, ma perdita di una tanto amata prigionia.
La poetica sale nella notte, sconfigge il cuore, nell’amarezza di un ricordo confinato nella forza di una progettata idea di silenzio.
In "Piccolissima" lo stare in bilico tra realtà e sogno mi riporta all’unicità dell’amore vero.
Il fascino nasce dalla delicatezza del testo in contrasto netto con la ruvidità della musica, regalando al brano uno dei sapori più intensi dell’album.
Il riff di apertura è una firma che accompagna tutto il pezzo, creando un clima di musica quasi acida che si libera attraverso quel… “sei l’unica per me”.
Partire dal destino per raccontare la coppia immersa nella voragine del tempo,
tempo che tutto cattura e distrugge se si esclude la sensibilità dell’altro.
“COSI’ E’ LA VITA”, universo coppia quindi, per annullare la paura del futuro che ci prende quando siamo soli,
unici Don Chisciotte di noi stessi, in cammino verso i mulini più nascosti del cuore.
“TU NON SAI” è una canzone vigorosa, una sorta di “in the air tonight” di Phil Collins, ma più robusta,
dove la voce e le chitarre gareggiano in perfetta sintonia, liberando qualsiasi introversione…
(questo amor proprio che mi offende e quel difenderti da me… quante più volte ti penso e sei coscienza che torna…)
Qui non si tratta di cambiare alcune cose, ma di non attaccarsi a niente aprendo gli occhi ed il cuore verso gli arcobaleni dell’anima.
Ho sempre visto in “I TE VURRIA VASA’” il grande cuore partenopeo, il saper vivere i sogni come metodo verso la soluzione di problematiche esistenziali, la poesia diventare uno scopo e tradursi in romanzo popolare, insomma la più bella canzone napoletana del primo novecento.
In questa cover il grande divertimento è stato quello di rubare tutte le sfumature e il tormento della passione,
la liricità spontanea, la sublimazione del dramma e i colori di un sud ormai scomparso.
Andare con la voce in quei luoghi più nascosti dove ogni nota è un silenzio accompagnato dal mare
ed ogni mare un trionfo toccato dal cielo, fino a sfociare in “MILLE MALE PENSIERI”
in cui il turbamento d’amore riflette ogni slancio del corpo nella gelosia di un vento che
non si smorza mai per quella bocca fatta soltanto di rose e corallo e il cui fiato consola occhi più calmi di ieri.
Pino